Con la bocciatura da parte del Partito Unico della nostra richiesta di poter istituire, con le eccedenze dei nostri stipendi, un fondo per il microcredito alle imprese si è concluso il primo quadrimestre di questi cinque anni che si prospettano ricchi di sorprese. Ho sempre pensato che i partiti in Italia si occupassero di tutt’altro fuorché del bene comune, tuttavia non so perché ancora continuo a sorprendermi.

Come avevamo promesso in campagna elettorale, ognuno di noi consiglieri 5 stelle ha accantonato, ogni mese, sei/sette mila euro da destinare alle imprese. La nostra richiesta di oggi era di erogarli tramite Finlombarda, ente della Regione quanto mai legittimo per un’operazione simile.

Sì, perché fare beneficenza diretta, cosa di cui si è vantato qualche sporadico esponente degli altri partiti in giro per l’Italia, per noi significava “comprare” voti. Inutile dire che siamo contrari a tale pratica, nonostante anche oggi ci abbiano accusato di demagogia e populismo, come del resto fanno ogni volta che non sanno come giustificare la differenza di comportamento tra noi e loro.

E quando ad accusarci è stato un esponente di Patto Civico (grande alleato PD), Roberto Bruni, davvero non ci ho più visto. Ho chiesto la parola per ricordargli che in campagna elettorale avevano promesso di abbassarsi lo stipendio a 3500 euro netti ma che, non appena raggiunte le poltrone, si sono portati a casa il malloppo per intero. Strano, vero?

Dopo averci proposto di dividerci con loro i soldi rimanenti dalla precedente legislatura, oggi hanno bocciato il nostro tentativo di istituire un fondo per le imprese con i nostri soldi: praticamente un altro invito a desistere e intascarceli come fanno loro.

Non hanno ancora capito che noi siamo diversi e che se vogliamo dare quei soldi alle imprese, lo faremo, con o senza il loro benestare.

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